Accompagnare. Fare compagnia, stare accanto a qualcuno senza bisogno di parlare, semplicemente esserci. Si accompagna nel dolore e nel piacere. La generosità di “accompagnare” qualcuno è una delle qualità più altruistiche in assoluto. Una qualità superiore persino ai grandi sentimenti quali l’amore, l’amicizia o la fratellanza. Stare accanto, in complicità silenziosa, solidale, umana, a volte è quanto di meglio possiamo fare per gli altri. Non occorre neppure essere un buon interlocutore, che sarebbe un’estensione della capacità di accompagnare. Per accompagnare non occorre parlare, si accompagna soprattutto per ascoltare, un ascolto attivo che permette a chi parla di vedere le sue parole riflesse negli occhi di chi l’ascolta e l’accompagna.
Ne “La stanza accanto“, il film di Pedro Almodóvar vincitore del Leone d’oro a Venezia 81, un personaggio, Ingrid, interpretato da Julianne Moore, impara a stare accanto incondizionatamente, accompagnando Martha, il personaggio interpretato da Tilda Swinton.
UNA VECCHIA AMICIZIA
La stanza accanto parla della rinascita di una vecchia amicizia, in una situazione intima ed estrema. Una delle amiche, Martha, sta per morire e l’altra, Ingrid, imparerà, tra le altre cose, a riconoscere e ad accettare la morte, purché liberamente decisa; e anche che la morte, in definitiva, non è la fine di ogni cosa. Le persone non muoiono del tutto; impregnata dalla mia visione atea dell’esistenza, c’è nella sceneggiatura di questo film la possibilità della reincarnazione o di qualcosa oltre il buio nell’“aldilà”. Martha, la malata di tumore terminale, si reincarna (non in modo letterale né paranormale) nella sua amica Ingrid. Questo è il processo di cui parla il film: l’amicizia ritrovata dalle due donne che si sublima in un’emozione simile all’amore, ma senza gli inconvenienti dell’amore, nel corso delle settimane in cui condividono la Casa del Bosco, un luogo che si trova, come un limbo, tra l’esistenza reale e l’aldilà.
Quando Martha giace sedata dai farmaci che un’infermiera le ha somministrato per alleviare il dolore, Ingrid resta seduta accanto al suo letto. Il giorno si dissolve lentamente. Ingrid è sempre lì, seduta. A volte riempie il tempo guardando il telefono. Non vuole lasciare sola la sua amica, incosciente sul letto. Il cuore le dice che deve essere lì quando Martha aprirà gli occhi. E accompagnarla.
Ingrid e Martha sono due vecchie amiche che hanno condiviso gli anni più intensi della loro giovinezza lavorando per la rivista Paper, documentando tutto quanto succedeva nella New York più edgy. La revista è lievitata, Ingrid è diventata autrice di romanzi e Martha corrispondente di guerra.
Senza una vera ragione, per il semplice passare del tempo, da anni si sono perse di vista. In occasione di una firma di libri, Ingrid apprende da una conoscente comune che Martha è ricoverata in ospedale per un tumore in stato avanzato e tutto sembra indicare che non sia operabile.
Ingrid va a trovarla in ospedale e, dal momento in cui mette piede nella stanza, rammaricandosi per la lunga assenza, sa che farà il possibile per rimediare a quegli ultimi anni di lontananza.
Comprende che Martha sta affrontando bene la malattia e ha bisogno di parlare. Martha vuole parlare. Ingrid decide che la cosa migliore che può fare per la sua amica è ascoltarla. Martha inizia a raccontarle di sua figlia, Michelle, che non vede da anni e con la quale ha un non rapporto burrascoso da quando era bambina.
Ingrid ha da poco pubblicato il libro di autofiction Di morti improvvise, incentrato sulla paura della morte, il rifiuto di accettarla nonostante la sua innegabile certezza, e di capirla. Martha è esattamente l’opposto: è stata testimone di decine di morti nelle tante guerre che ha coperto come corrispondente. È sempre stata un’avventuriera, un soldato dell’informazione, e ora è arenata in ospedale, sopravvivendo ai tanti trattamenti che l’hanno trasformata in una cavia da laboratorio.
LE VISITE
Una volta, arrivando in ospedale, Ingrid trova Martha in uno stato di disperazione: l’ultimo trattamento a cui si è sottoposta non ha funzionato e le conseguenze sono devastanti. Martha è furiosa per aver commesso l’errore di cedere alla speranza. È furiosa con se stessa, perché, quando le hanno comunicato la diagnosi, la sua prima reazione era stata quella di risparmiarsi la tortura di una qualunque terapia. Una provvidenziale infermiera fa la sua comparsa, solo un oppiaceo può placare Martha. Una volta entrato in circolo, Martha smette di parlare e la sua testa si arrende letteralmente sul cuscino. Ingrid resta seduta, al suo fianco. Quando Martha ritorna in sé, si accorge riconoscente che Ingrid è ancora lì. Guarda la finestra, come se vedesse un miracolo. Le dice: “Guarda…Nevica. Fiocchi di neve color rosa. Quindi qualcosa di buono doveva pur averlo il cambiamento climatico. Ho vissuto abbastanza per vederlo.”
LA NEVE
Ingrid si volta verso la finestra e contempla emozionata quell’improvvisa epifania. Dal letto, alle sue spalle, Martha pronuncia le ultime parole del marito di Anjelica Houston in Gente di Dublino: “La neve cade sul cimitero solitario, cade lieve nell’universo, e cade lieve su tutti i vivi e sui morti.” Ingrid l’ascolta di spalle, davanti alla finestra, deve fare uno sforzo per trattenere le lacrime. Uno sforzo che dovrà ripetere varie volte nel corso di questa storia. Chi accompagna può e deve commuoversi, ma non può piangere. Il diritto alle lacrime spetta solo alla malata. Che però non piange.
LA PROPOSTA
Un pomeriggio Martha ha appuntamento con Ingrid per vedere Viaggio in Italia di Rossellini al Lincoln Center. Tra un trattamento e l’altro, l’hanno rimandata a casa dall’ospedale in attesa che si ripristino i valori del sangue prima di iniziare una nuova terapia. Mentre prendono un tè nel foyer, di fronte all’enorme vetrata che dà su Columbus Circle, Martha confessa ad Ingrid che non ha intenzione di “andarsene dopo un’umiliante agonia”. Vuole congedarsi dal mondo con dignità.
Ingrid l’ascolta sgomenta.
Martha le propone di accompagnarla in qualche posto lontano da New York per mettere fine alla sua vita, sarà una sorta di vacanza, Ingrid non dovrà fare nulla. Il giorno che deciderà di andarsene non vuole essere sola, vuole che ci sia qualcuno nella stanza accanto. A differenza di Ingrid, Martha non ha paura della morte, se l’è trovata faccia a faccia in molte occasioni, ma c’era sempre qualcuno con lei. “Noi corrispondenti eravamo una specie di famiglia ambulante”, le spiega. Ingrid è terrorizzata all’idea di essere la prima a trovare l’amica morta. Eppure prova immensa ammirazione per il suo coraggio. “È il mio modo di combattere. Il cancro non può prendermi se mi prendo io per prima.” Dice ad Ingrid.
Ingrid è sopraffatta dalla situazione. Confessa all’amica le sue paure e la sua mancanza di coraggio, le promette che ci penserà, ma la sola idea le provoca orrore.
Ingrid capisce che Martha, prima di proporlo a lei, lo ha proposto ad altre amiche e che, in realtà, non ha nessun’altro a cui rivolgersi. Martha non le fa pressioni, ma Ingrid, a suo modo, è anche lei un’avventuriera e, prima di arrivare a casa, chiama Martha per dirle che accetta la sua proposta.
LA CASA DEL BOSCO
Martha ha affittato una casa vicino Woodstock, in mezzo ad una riserva naturale. La Casa del Bosco. Le due donne vivono a contatto diretto con la natura.
Eludendo il tema di cui non vuole più parlare, la ragione per cui sono lì, Martha le dice che il giorno in cui “accadrà” Ingrid troverà chiusa la porta della sua stanza. Quello sarà il segnale.
Ingrid non ha trovato una stanza accanto a quella di Martha che le piaccia e occupa la stanza di sotto.
Ogni giorno la mattina, quando sale la scala a chiocciola, per prima cosa guarda terrorizzata se la porta è aperta o chiusa. I primi sono giorni di grande tensione, deve adattarsi a vivere praticamente con un fantasma. La Casa del Bosco, con il suo concerto di usignoli che la svegliano al mattino, è una sorta di limbo tra la vita reale e l’aldilà.
PORTA CHIUSA
Un giorno Ingrid entra in casa e trova chiusa la porta della stanza di Martha. Ciò che doveva succedere è successo, ma Ingrid non è più la stessa persona che è entrata in quella casa due settimane prima: è una donna molto più forte e, negli ultimi giorni ha accompagnato Martha come meglio un essere umano non potrebbe. C’è stato un graduale e sottile travaso dall’amica malata a quella sana. Ingrid è diventata Martha, si è impregnata del suo coraggio e della sua forza: ha avvertito la presenza della morte in mezzo a loro e ha finito per accettarla.
Ha ereditato tutto da Martha: la sua casa a NYC, i quaderni delle cronache delle guerre di cui è stata testimone. Ha ereditato persino sua figlia Michelle che arriva nella Casa del Bosco mentre Ingrid è intenta a raccogliere le cose di sua madre. Ingrid, finalmente, potrà dare alle domande di Michelle tutte le risposte che Martha in vita non le ha mai dato. Questo è il suo grande lascito.
LA FIGLIA
Michelle le chiede se può fermarsi per la notte nella stanza di sua madre, Ingrid le risponde di sì, certo, quella casa è ancora di Martha. C’è ancora il suo odore. Ingrid trascorre la notte scrivendo all’amica morta: le racconta del difficile incontro con la polizia, dell’arrivo di sua figlia e della sensazione di aver dissipato tutti i malintesi che ci sono stati fra loro.
Il cinguettio degli uccelli sorprende Ingrid ancora intenta a scrivere, all’alba. Arrivano dei rumori, è Michelle, con indosso la camicia da notte di sua madre, che sta uscendo per ascoltare gli uccelli. Ingrid la vede passare, la distribuzione della casa permette ad Ingrid di vedere senza essere vista, vede Michelle, identica a sua madre, mentre apre la porta della terrazza e dice a se stessa “è viva”.
Ingrid esce in terrazza e vede Michelle/ Martha, la figlia affascinata come la madre dal canto degli uccelli all’alba. Va a sedersi sulla sdraio accanto a lei. Due donne distese sulle sdraio affiancate. Ingrid dice a Michelle che anche sua madre si metteva lì, dove è sdraiata lei.
D’un tratto Michelle guarda il cielo e mormora: “Guarda, nevica”. È come se Martha stesse nevicando sulle due donne.
Ingrid guarda il cielo, come faceva l’ amica morta, mentre la figlia di lei, dalla sdraio accanto, la guarda trasognata, e recita il suo personale adattamento del finale di Gente di Dublino: “La neve cade, sulla piscina solitaria che non abbiamo usato… Sul bosco, dove abbiamo camminato e dove ti sei sdraiata, esausta, a terra. Cade su tua figlia e su di me. Cade su tutti i vivi e i morti.”
IL SILENZIO E LE PAROLE
Nei miei film si parla molto, la parola è fondamentale come nel teatro. Tra i tanti elementi narrativi (tutti essenziali e in cui intervengo senza riserve) sono gli attori, le attrici, a raccontare realmente la storia. Ne La stanza accanto Tilda Swinton e Julianne Moore portano sulle spalle tutto il peso del film. Sono loro lo spettacolo. Ho avuto la grande fortuna che, nell’ interpretare Martha ed Ingrid, abbiano dato ognuna un’autentica prova di maestria attoriale. I lunghi testi di Tilda – da lei divinamente padroneggiati – tengono perché si alternano con lo sguardo di Julianne, che l’ascolta.
È un vero tour de force per le due attrici. Per Tilda Swinton si trattava di mantenere il tormento dell’agonia nei suoi lunghi monologhi, senza risultare teatrale né monotona, nell’alternanza con i controcampi di Julianne Moore che la guarda e l’ascolta. Solo le grandi attrici sanno guardare e ascoltare in silenzio.
IL GENERE
Il genere più vicino a questa storia sarebbe stato il melodramma, ma ho cercato di fare un film contenuto evitando il sentimentalismo e i toni melodrammatici. Sebbene il tema della morte sia molto presente, non volevo un film lugubre o gore, il film è pieno di luce e vitalità che emanano dal personaggio di Martha e dalla forza della natura che avvolge le due donne nella Casa del Bosco.
Dai tempi di Julieta tendo ad una maggiore sobrietà stilistica. Ne La Stanza Accanto il tema del film (la morte come unico futuro desiderabile) lo esigeva. È un tema eterno al quale cerco di accostarmi con tatto e delicatezza.
Tilda Swinton e Julianne Moore sono molto ben accompagnate da John Turturro, un amante che le due donne hanno condiviso in gioventù. Damian Cunningham, il personaggio di Turturro, porta la testimonianza di un’altra agonia, quella del pianeta nel quale viviamo. Il giorno in cui neoliberismo ed estrema destra avanzeranno insieme inizierà il conto alla rovescia, e oggi estrema destra e neoliberismo si tengono già per mano.
Il cast è completato da Alessandro Nivola, nei panni del detective Flannery, un aggressivo poliziotto fondamentalista.
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